Da
vent’anni ogni progetto Areale
include una sezione in progress Materiali per un glossario,
aperto e pluridisciplinare, che intende promuovere riflessioni su
diversi livelli di realtà, da una pluralità di punti di vista e di
interazione fra arte, filosofia e scienza. Lo scopo è offrire alcune
possibilità di schiudere la capacità di meravigliarsi oltre
l’apparenza e attivare
l’apprendimento per scoperta,
favorendo scambi fruttuosi tra i saperi (cross fertilization).
Poiché parole, concetti e segni tendono a riflettere la cultura e la storia di chi li espone, vengono presentati termini di autori diversi, materiali costruttivi di una raccolta in continuo divenire. In quest’ottica ogni elemento verbale proposto potrà essere considerato liberamente dal lettore-partecipatore, con angolazioni differenti o divergenti da quelle presentate e integrato con altre riflessioni o figure. Così il glossario non sarà mai finito o finale.
Per tutte le voci sono indicate le fonti ma non la pagina nella quale si trova il frammento citato: una scelta che garantisce un margine di segretezza provvisorio, che può favorire una ricognizione del lettore nel testo-sorgente, per l’individuazione del passo e per l’eventuale scoperta di altri elementi. I termini senza indicazione della fonte sono dell’autore.
Di seguito alcuni esempi.
a
1. Ripete la funzione che aveva in greco il cosiddetto ‘alfa negativo’, di origine indoeuropea; indica mancanza, assenza, indifferenza, passività e simili relativamente a ciò che è espresso dall’aggettivo o sostantivo con cui entra in composizione. 2. Stabilisce diverse relazioni dando luogo a molti complementi. 3. Indica avvicinamento, tendenza verso qualcosa, direzione verso un luogo o un modello e simili.
N. Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli, Bologna 1994.
accadere
L’accadere che maggiormente accade è quello più segreto.
E. Chini, “Il linguaggio fotografico”, in Enciclopedia della stampa - vol. I, Politecnico di Torino, SEI, Torino, 1969.
alchimia
L’alchimia è l’arte di trasmutare i metalli per ottenere l’oro. Essa non è in alcun modo una specie di ‘pre-chimica’, ma un’operazione simbolica. Da un altro punto di vista l’alchimia rappresenta l’evoluzione umana da uno stato dove predomina la materia a uno spirituale.
J. Chevalier – A. Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Rizzoli, Milano, 1987.
ambiente
1 E’ l’insieme delle relazioni tra oggetti ed eventi.
H. von Foerster, Sistemi che osservano, intervista (1987) e selezione di testi (dal 1960 al 1984) a cura di M. Ceruti e U. Telfner, Astrolabio, Roma, 1987.
2 L’essere umano fa molto più che vedere, udire, sentire, toccare, odorare, nel semplice senso di registrare il suo ambiente. Egli lo interpreta, lo esplora, rispetto ad esso sogna, lo osserva, lo immagina e si impegna in altre forme di conoscenza.
William H. Ittelson, La
psicologia dell’ambiente, Franco Angeli
Editore, Milano 1978.
apprendimento
1 Nei suoi libri-laboratorio (pubblicati in italiano da Feltrinelli: Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza, 1987; Aprire le menti, 1991; Educare al comprendere. Stereotipi infantili e apprendimento scolastico, 1993; Intelligenze creative, 1994), pietre miliari negli studi contemporanei sull’apprendimento, lo studioso americano Howard Gardner nega il concetto unitario di intelligenza e segnala che ognuno di noi dispone di diverse intelligenze (linguistica, musicale, visivo-spaziale, logico-matematica, corporeo-cinestesica, intrapersonale, interpersonale), ma che non esistono due persone che abbiano esattamente la stessa combinazione.
2 L’apprendimento - scrisse nel 1931 Edward Throndike - è mettere in connessione. La mente è il sistema di connessione dell’essere umano.
A. Bullock e O. Stallybrass, Il dizionario del sapere moderno, Mondadori, Milano, 1981.
3 Apprendere significa muovere lo sguardo oltre la realtà apparente.
archetipo
L’archetipo non è un concetto, ma un’energia plastica, generativa. Sinonimo di archetipo è forma formante o idea. L’idea, la formatività intrinseca che in un oggetto si manifesta, si coglie grazie a un’intuizione, non è il prodotto di induzioni e calcoli; un’idea si accende, spunta nella mente: si rivela. ‘Forma formante’ evoca le forze invisibili all’opera nelle semenze, capaci di plasmare vive piante e creature dal protoplasma inerte. Gli archetipi sono dunque schemi unificanti, carichi di energia emotiva e simbolica: significati significativi. L’estrazione degli archetipi esige che si facciano emergere da una nebbia mentale queste presenze che non si catturano nel campo denotativo delle parole, ma soltanto nell’alone, nella risonanza delle parole. La ragione da sola non li afferra, perché coglie soltanto i significati, non la significatività.
E. Zolla, Archetipi, Marsilio, Venezia, 1988.
arcipelago
Se si
immagina di togliere l’acqua dai mari si nota che tutte le isole
sono collegate.
Areale,
areale
1 (biol.)
s.m. Area occupata da una specie che, supposta originata in un dato
luogo, si è diffusa fino a che non ha trovato ostacoli alla sua
espansione e alla sua capacità moltiplicativa. (ling.) agg. Che ha
relazione con l’area di diffusione di una lingua.
N.
Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana,
Zanichelli, Bologna, 1994.
2 Il
termine areale viene
inteso qui in una triplice valenza: il "reale" come area
di relazione; con l'a
privativa la mancanza, l'assenza del "reale";
con l'a di moto a luogo un
avvicinamento al "reale".
3 Areale
è uno strumento di conoscenza, un laboratorio in cui si genera un
processo continuo di apprendimento per scoperta, mai finito o finale.
Simbolicamente può essere rappresentato dal nastro topologico di
Möbius. E' uno spazio indeterminato, generativo e permeabile,
instabile e plastico, tra realtà e lettura della realtà. Un metodo
di osservazione e autosservazione, che intreccia campi di sapere e
campi di tensione, incorporandovi innumerevoli possibilità
combinatorie. Un cammino aperto che, acuendo e rallentando il
processo di osservazione e di ascolto della realtà, può svelare
forme di vita. Tende a
ramificarsi in più direzioni, non come un albero ma come un
cespuglio. Analogamente alla formazione di un fiume, il suo corso -
prima debolmente accennato - cresce e si approfondisce nello spazio e
nel tempo.
4 Areale
è un'esplorazione interminabile nella filigrana della realtà.
5 La
ramificazione, l’aleatorietà, l’indeterminazione,
l’ipertestualità, la combinazione, la connessione, l’immagine e
il testo (verbale e sonoro) come sistemi aperti, abitano i luoghi non
omologabili del campo areale.
6 Nella
meccanica musicale traspare una dimensione analoga a quella areale
nella distanza che si instaura tra l’intendimento del compositore e
la sua traduzione concreta in partitura. Sembrerebbe uno spazio
infinitamente piccolo, mentre in realtà è talmente esteso e,
soprattutto, praticabile, da trasformare l’opera in un generoso
giacimento di dati, cui l’interprete può attingere elementi di
lettura senza timore di provocarne l’esaurimento. Il dato areale
è invece alimentato in pari misura dalla pratica concreta dell’arte
visiva, intesa come processo di apprendimento, e dalla riflessione
sui fenomeni di ridefinizione delle cose attraverso le immagini. Il
cuore armonico dell’operazione batte in corrispondenza di un
territorio altrettanto franco di quello interpretativo: nello spazio
di lettura situato tra un qualunque luogo fisico - teatro - e il
luogo concettualmente
detto. Questo ambito assicura un legame, una continuità tra le sfere
antagoniste del reale e dell’irreale, e si configura come campo
senza misura e senza autore, nel quale ciascuno può ritrovare gli
elementi più consoni al proprio desiderio.
E. Gazzola,
Areale: istruzioni per l’uso,
in "Areale" di
U. Locatelli, Elefante Rosso, Piacenza, 1997.
7
Collocata in posizione eternamente oscillante
tra scienza ed estetica, la dimensione areale
della percezione ha trovato una sua definizione concreta e uno sbocco
dimostrativo nella presentazione all’Elefante Rosso, in via Santa
Franca a Piacenza. Per la verità, più che di una mostra si tratta
di un evento risultante dalla somma di diverse azioni, svolte in
tempi diversi, e di più contributi.
S. Segalini,
Ho rivisto ieri, in
"Galleria" n. 3, Sicheledizioni, Piacenza, 1997.
8 E’
chiaro, dunque, che l’indagine dell’autore avviene disarticolando
e ricreando le relazioni tra osservatore e luogo, misurando la
distanza tra reale e irreale, ammesso che queste dimensioni siano
distinguibili o non producano invece, come nel nastro di Möbius, un
divenire continuo in cui ciascun lato dell’anello confluisce
nell’altro. La modalità di percezione di uno spazio, il suo ritmo
e infine l’indagine sull’occhio che osserva sé stesso al lavoro,
sono le piste da seguire. In questo rigore apparentemente freddo
scaturisce la piena libertà, per quel tanto di non detto (le pause
tra i fotogrammi, le pause del tempo di osservazione), che sospinge
il riguardante verso più personali fughe, interpretative o emotive o
intellettuali, nel labirinto delle relazioni percorribili.
P.
Soffientini, Areale: uno sguardo a distanza,
dalla recensione sul quotidiano "Libertà", Piacenza, 27
ottobre 1997.
9
Sembrerebbe dunque che possiamo ricorrere a
una possibilità quasi
infinita per comunicare qualcosa. Ma penso meriti fare una sosta
proprio su questo ‘quasi’, così irrilevante da scomparire
inosservato all’interno del discorso. Dove si situa allora il
limite alla possibilità umana di comunicare? O, per dirla
diversamente, l’atto comunicativo non si fonda semmai proprio su
quel nucleo irriducibile? Se sì, qual è? […] Nella lezione
inaugurale della cattedra di Semiologia del Collège de France, poi
divenuta famosa, pronunciata da R. Barthes il 7 gennaio 1977,
l’autore evidenziava alcuni punti assai importanti in merito.
Diceva - e qui posso solamente sintetizzare un discorso molto più
nuancé - che il reale
è l’impossibile
perché non lo si può rappresentare ma solo mostrare, in quanto non
è possibile in alcun modo far coincidere un ordine pluridimensionale
in continuo divenire (il reale) ed uno unidimensionale e statico (il
linguaggio).
F.
Battistutta, Quasi in
Areale, "Città
in controluce" n. 6, Vicolo del Pavone, Piacenza, 1998.
10 La
sfera areale
dell’osservazione è quella dimensione priva di realtà (pur senza
essere irreale) in cui la percezione e la ricostruzione operata da un
osservatore - posto in determinate condizioni di fronte al dato di
fatto (un luogo, un’opera, una persona) - si costituiscono con la
mediazione di più elementi scientifici, estetici, filosofici e
psicologici.
E. Gazzola,
Introduzione in
Areale, "Città
in controluce" n. 6, Op. cit.
11
Smontata la rete linguistica che informa una
stanza è possibile praticare un nuovo alfabeto, a scelta di chi
guarda, con gli stessi elementi che si potevano osservare in origine.
Ogni ipotesi alfabetica, luminosa o sonora che sia, riposa sulla
rimozione del silenzio e del buio, ogni alfabeto è uno strumento di
transito, continuamente ritmato dalla coscienza che la voce scompare
e rinasce ogni volta che una sola parola viene pronunciata. “Questa
operazione è il fine, la via di
un’esperienza” (G. Bataille). Areale:
l’origine formale del segno, la sua fonte simbolica, permane
vivente all’interno di qualsiasi rimontaggio o casuale
rappresentazione nel reale; i mille punti millimesimali dove il segno
comincia e organizza il suo orientamento, producono comunque e sempre
una stanza nel mondo.
M. Sargiani,
Areale: il rovescio della lingua è l’inizio
della forma, in "Città in controluce"
n. 6, Op. cit.
12 Questa
volta è il museo stesso l’oggetto della sua attenzione, e il luogo
per lo sguardo diventa il luogo-guardato. Il museo si specchia nello
sguardo dell’autore, si riflette creando dittici tra interni ed
esterni, chiaro e scuro, recto e verso, dittici forzati in
un’adiacenza che stravolge la percezione, che mette alla prova il
giudizio richiamato dalla conoscenza. Qualcosa di fondamentale è
avvenuto: non sarà mai il museo della
fotografia in mostra, come forse ci
aspettavamo di ritrovare a conclusione di un processo circolare. Il
luogo ha subito un prelievo, i frammenti hanno trovato un’autonomia
propria, la ricollocazione è altrove rispetto all’origine, ancora
una volta conoscenza e giudizio non sono d’aiuto. Un'opera
vitalizzante. Come un autotrapianto.
L.
d’Alessandro, Introduzione,
in "Areale: Luogo e Dualità" di U. Locatelli, Fondazione
Italiana per la Fotografia, Torino, 1999.
13 Di
questa operazione areale,
in cui siamo ormai coinvolti, stentiamo a governare la struttura di
logica evolutiva e la complessità concettuale: forse perché
assomiglia al tentativo di individuare le regole che governano il
caos, un tema che non a caso affascina ed impegna fisici e filosofi.
P. Dragone,
Un percorso su tracce areali,
in "Areale: Luogo e Dualità", Op.
cit.
14 In
questo scenario, Areale - come metodo e come stato dell’arte -
diventa uno strumento di conoscenza, il laboratorio in cui collaudare
la coerenza di un’intuizione, la resistenza di un concetto, la
traduzione di un’ipotesi storica in documento concreto a sostegno
di una nuova ecologia del guardare. Tradotto nella pratica estetica,
un sistema è ‘aperto’ quando è perennemente modicabile, e
perciò accresciuto di valore dalla relazione tra eventi, cose,
persone che nel tempo sussistono, intervengono, si modificano al suo
interno e al di fuori di esso: relazioni tra elementi interni e tra
margini permeabili a stimoli, variazioni, inserimenti, perturbazioni,
ipotesi, informazioni, arricchimenti, significati, …. Un sistema
aperto è sempre in corso d’opera. Per esempio: questo episodio di
Areale che stiamo componendo nelle sue parti, è il secondo capitolo
di una storia aperta
dello sguardo. […] Le immagini fotografiche sono senz’altro
irripetibili e perciò uniche (solo la riproduzione è
riproducibile), fondate sul dualismo degli elementi trascritti e
sulla lettura dualistica - pertanto altra e parallela rispetto alla
realtà - del luogo visitato. In questo caso, il potere dello sguardo
si risolve nel dubbio anziché nella certezza di avere visto. Servono
dunque nuove relazioni, se vogliamo sciogliere l’ennesimo enigma.
Ed è così che ci avviciniamo a una totalità del guardare, che
comprende un numero sempre maggiore di sguardi utili e tra loro
connessi. Ci avviciniamo a un complesso sistema di sguardi.
E. Gazzola,
Un’Arte Sistemica,
in "Areale: Luogo e Dualità", Op.
cit.
15
Areale apre con
quell’alfa che è
innanzitutto scarto e negazione del reale. Il reale come punto del
pentagramma. Il reale-oggetto come dimensione da reinterpretare e
decifrare, perché da sempre legata alle funzioni di destinazione e
d’uso, e alle convenzioni, non meno catalizzanti, della
registrazione e della scrittura. Razionalmente consapevole di questo
dilemma e di questo inganno, l’autore da tempo porta avanti con
coerenza e costanza un suo personalissimo percorso, senza lasciarsi
fuorviare dal ricorrente pericolo dell’indugio formale o dalla
tentazione della decifrazione estetica. Con estrema attenzione
alimenta e rinnova gli strumenti del suo laboratorio, in cui analizza
e mette a confronto - usando indici etimologici, reperti visivi,
citazioni, graffiti, ideogrammi e pensiero critico - gli elementi
metodologici di quel progetto, con il quale tenta di costruire la
storia dello sguardo.
P.
Racanicchi, L’immagine come documento di
analisi, in "Areale: Luogo e Dualità",
Op. cit.
16 Il
tono silenzioso con cui le opere vengono proposte esclude la
possibilità dell’emozione immediata. L’autore gioca con il
nostro sguardo, lo rapisce piano piano, ci costringe a entrare in
punta di piedi in un mondo ‘areale’. La sua intenzione è quella
di far vacillare la nostra convinzione di percepire la realtà in
modo univoco. Non dà una soluzione al problema, non crea un
archetipo alternativo di realtà, ma fa emergere, attraverso
un’operazione che ha radici nell’analisi pirandelliana,
multiformi manifestazioni di realtà attraverso la visione. In questo
senso l’autore non opera un’indagine filosofica attraverso
un’immagine scientifica, bensì, a mio parere, indaga la realtà
come uno sciamano, e come lo sciamano pone in atto tale indagine
attraverso la magia, intesa come alternativa metodologica per
raggiungere la verità. Le ultime ricerche nel campo della fisica ci
fanno intravedere la possibilità dell’esistenza di dimensioni
diverse da quelle comunemente accettate. Le ‘uscite dal mondo’ di
Locatelli indagano questi aspetti della realtà, distaccandosi dal
panorama artistico attuale, proponendo un’idea d’arte che non si
può collocare nell’avanguardia ma in un futuro che è sempre
esistito.
F.
Guerrieri, Areale, luogo e dualità,
in "Galleria" – n.11,
Sicheledizioni, Piacenza, 1999.
17 Si
crea così un luogo altro,
che permette di scoprire aspetti nascosti delle cose, negandone altri
che qualche momento prima erano dati per scontati e facendoli quindi
scivolare, almeno per un istante, nell’irrealtà. Chi passa per
Areale si muove in modo personale tra i dati raccolti e riveste le
immagini e i testi di significati nuovi, arricchendo, di fatto il
sistema.
N. Barbieri,
A rebours, da Areale alle origini,
in "Piacentini" - n. 3, Piacenza,
1999.
18 I
Materiali per un glossario
prendono la forma di una carta geografica, piegata come la pianta di
una città e allegata al catalogo generale dell’esposizione. Voci
scelte accuratamente, definizioni soggettive distillate, personali o
citate, il tutto formante un paesaggio a-reale, vale a dire né reale
né irreale, ma situato oltre queste categorie. La mappa di Locatelli
aiuta a percorrere, nei suoi meandri complessi, le sue lentezze
rassicuranti, le sue cascate inattese, i suoi vortici e anche le sue
incertezze, il lungo fiume del pensiero, che attraversa contrade
coltivate dai filosofi, dagli artisti, dai poeti, uomini e donne che
hanno piantato, su territori bianchi come le zone ancora inesplorate
del globo nei secoli scorsi, i semi dai quali ha germogliato tutta la
ricchezza del nostro mondo, ricchezza costituita, prima di tutto,
dalla distesa contenuta nella nostra testa e che il linguaggio
permette di attraversare.
E. Lunghi,
curatore dell’esposizione internazionale Strange
Paradises, estratto dal catalogo generale,
Forum d’art contemporain, Casino Luxembourg, 2000.
19 Perché
nel frammento è comunque contenuta un’aspirazione al tutto. E’
un po’ come osservare al rallentatore l’assemblaggio dei vetri di
un caleidoscopio per intuirne e poi coglierne l’insieme (o
viceversa). Con questo metodo si hanno sottomano duttili piastrelle,
i fotogrammi appunto, per ricreare o smontare qualsiasi stanza
mentale, qualsiasi memoria, condensata nei piccoli, alfabetici
particolari che l’autore preleva dai luoghi, in continuo, osmotico
pendolarismo tra realtà e irrealtà.
P.
Soffientini, Nel caleidoscopio degli sguardi.
L’indagine di Ugo Locatelli sull’atto di osservare,
dalla recensione sul quotidiano "Libertà", Piacenza, 20
agosto 2000.
20
Un’immagine ‘reale’ deve il più
possibile discostarsi dalla realtà per rappresentarla veramente.
Deve condurre un percorso di purificazione da convenzioni,
preconcetti e clichès. Il mondo non è quello che vediamo, ma quello
che vedremmo se solo riuscissimo a trasporre le visuali. E forse
chissà, ce ne sarebbero ancora altri, più latenti, ancora più
profondi nella mischia tra reale e irreale: nell’areale.
M.
Busalacchi, Lettere in ombra,
www.ombra.blogspot.com,
2000.
21
L’immagine ‘areale’ risulta sempre
transitiva, cioè indica la possibilità di un’uscita,
di un’ulteriorità, di una spinta intenzionale verso la dimensione
del futuro attraverso la ragnatela delle relazioni. Queste
operazioni, sia quella del 1997 che del 1999, legate all’idea di
‘Areale’, in fondo ci insegnano a mettere in atto una ‘naturale,’
o comunque fisiologica, produzione di anticorpi per fare fronte alla
generalizzata dissipazione di immagini prodottasi nell’epoca dei
media e della riproducibilità tecnica. L’autore cerca di fare
della curiosità e dell’attenzione alle cose un abito morale e una
consuetudine dell’intelligenza, contro le insidie della
‘distrazione’, oppure del lasciarsi vivere subendo l’oggettività
del mondo e dei rapporti costituiti, delle cose come sono.
M. Vescovo,
L’occhio interminabile,
in F. Lezoli, "Ugo Locatelli 1962-1972. Fotografia, scrittura,
sperimentazione", Fondazione Italiana per la Fotografia, Torino,
2003.
22 Areale
diventa in sostanza un luogo continuamente de-finito,
senza posa e, in una certa accezione, in continuo rinnovamento
cognitivo. […] La definizione del luogo areale
è l’esempio di come sia quotidiana, ancorché inconsapevole,
l’adozione di punti di vista,
grazie ai quali le nostre espressioni di giudizio sulla
realtà-arealtà sono
utilizzate per comunicare parziali visioni, anche e soprattutto di
noi stessi.
A.
Bertirotti, Apparente-mente
in "Areale: Luogo e Relazione" di U. Locatelli, Fondazione
Italiana per la Fotografia, Torino, 2004.
23
Comporre un brano che sia in qualche modo
immanente l’operazione
di ‘Areale’ è un’elaborazione decisamente complessa ancorchè
affascinante. Condizione cognitiva sufficiente è la destrutturazione
e ristrutturazione di idee musicali precostituite, per rendere
caleidoscopica una sequenza musicale staticamente concepita. Tutto
questo per tramutare il ruolo degli ascoltatori
in quello di costruttori di tracce musicali e quello di compositori
in ascoltatori di se stessi.
M. Napoli,
U. D’Auria, S-composizione musicale
in "Areale: Luogo e Relazione", Op.
cit.
24
‘Arealità’ è una parola desueta che
indica la natura e la proprietà di area.
Per caso la parola si presta anche a suggerire una mancanza di realtà
o, meglio, una realtà tenue, leggera, sospesa: quella della distanza
che localizza un corpo o che è in un corpo. Poca realtà del
‘fondo’, quindi, della sostanza, della materia o del soggetto. Ma
questo poco di realtà rende areale
tutto il reale in cui
si articola e si gioca quella che è stata chiamata l’archi-tettonica
dei corpi. In questo senso, l’arealità è l’ens
realissimum, la potenza massima
dell’esistere, nell’estensione totale del suo orizzonte. Il reale
in quanto areale riunisce
l’infinito del
massimo di esistenza (‘quo maius cogitari non potest’) e il
finito assoluto
dell’orizzonte areale. Questa ‘riunione’ non è una mediazione:
e ciò che corpo vuol
dire, ciò che corpo vuol
dire o dà a pensare è proprio questo,
il fatto che qui non
c’è mediazione. Il finito e l’infinito non trapassano
l’uno nell’altro con un movimento dialettico, non sublimano il
luogo in un punto, non concentrano l’arealità in un sostrato.
Questo è ciò che vuol dire corpo,
ma con un voler dire che va subito sottratto alla dialettica
significante: corpo non può voler dire un
senso reale del corpo fuori del suo orizzonte areale.
‘Corpo’ deve avere senso, perciò, direttamente
nell’estensione (ivi compresa l’estensione della parola
‘corpo’). Questa condizione
‘significante’ (se la si può ancora chiamare così) è
inacettabile, impraticabile per il nostro discorso. Ma
è la condizione reale/areale di ogni senso possibile per un mondo
dei corpi.
J-L. Nancy,
Corpus (1992),
Cronopio, Napoli, 1995.
25
L’apprendimento non è un processo di
‘propriazione’: esso non è né appropriazione né
espropriazione, ma costituisce l’altro:
dentro-fuori, come un supplemento. […] Areale come un supplemento,
un eccesso attraverso il quale abitare
il movimento, abitare in un certo modo
il percorso di una voce che si fa avanti e
dice: je voudrais apprendre.
B.
Battistini, Dal Supplemento
in "Trapani Areale. Vedere oltre la realtà apparente" di
U. Locatelli, P.Giuffrè Editore, Trapani, 2005.
26 Fin
dal principio Areale è senza parole,
perché propone microscopici (e macroscopici assieme) modelli
interpretativi del mondo sensibile. Sta a
noi, poi, parlare, vedere
o solo ascoltare.
A.
Bertirotti, Senza parole
in "Trapani Areale. Vedere oltre la realtà apparente", Op.
cit.
27
L’evento "Areale: Luogo e Risonanza"
segna altresì una tappa nell’evoluzione delle attività e delle
scelte ideologiche della nostra Fondazione, sempre più attenta alla
ricerca di un metodo di apprendimento e di consapevolezza: il
rallentamento e l’intensificazione del processo di osservazione dei
luoghi - naturali, costruiti, culturali, mentali - generati
dall’operazione ‘Areale’, possono renderci più consapevoli
della nostra misura.
L.
d’Alessandro, Introduzione
in "Areale: Luogo e Risonanza” di U. Locatelli, Fondazione
Italiana per la Fotografia, Torino, 2005.
28 Gli
oggetti non sono dunque delle cose, ma sono eventi, ossia il
risultato della loro fisicità che incontra e risuona nella nostra.
L’arealità diventa,
in questa accezione, una dis-velazione
della sostanza nascosta ai nostri occhi. La sostanza è kaos
di possibilità, ossia una sorta di indistinto fisico dal quale
possono emergere forme nuove; la sostanza è una forma compiuta
appartenente al mondo noumenico
che vuole diventare fenomeno;
la sostanza è areale,
come espressione visuale dell’humanitas
che si nasconde ai nostri occhi.
A.
Bertirotti, Andata e Ritorno,
in "Areale: Luogo e Risonanza", Op.
cit.
29
L’A-realtà mira, però, a quel salto
quantico che possa riconciliarci con la vita e quindi con il
paradosso, opera di integrazione nel senso batesoniano (G. Bateson,
Verso una ecologia della mente,
Adelphi, Milano, 1995), nel senso artistico e, per lo scrivente, nel
senso matematico-etico-esperienziale.
N. Crosta,
Andata e Ritorno, in
"Areale: Luogo e Risonanza", Op.
cit.
30 Perché
ogni Areale è il contenitore dei precedenti. Il sospetto evidente è
che la vera forza si scateni nella congiunzione, negli incroci
tra gruppi-sistema di immagini, tra ‘universi-opera’. Se il
contenitore (dei precedenti) è universo, allora automaticamente si
espande. Come un ipertesto in evoluzione. Per
questo motivo il sito è stato costruito con applicazioni dinamiche
per l’autogenerazione e implementazione dei contenuti. Mi sono così
occupato del ‘sistema’ e delle griglie di inserimento proprio
nella speranza di perdere ogni futuro controllo sul cosiddetto
‘popolamento’. Motori di ricerca per interconnettere contenuti
tra i più disparati attraverso anche solo una parola. Sviluppi
asimmetrici. Percorsi proposti o apparentemente casuali. Fruizioni
praticamente irripetibili
e quindi esperienze individuali
di navigazione fra i contenuti. Catalogazioni razionali e comunque
trasversali, cronologiche e cronoillogiche. E quindi, ancora una
volta, misteriosamente infinite, in un contenitore che non
è limite né confine.
D. Galli,
Illusioni interconnesse. Appunti di viaggio
attraverso ‘sistemi’ in "Areale:
Luogo e Risonanza", Op. cit.
31 Areale
è una porta tra il reale e l’irreale; quella porta siamo noi.
S. Licata,
Mente Areale: prospettiva di comunicazione
multisensoriale, Tesi di laurea, Università
degli Studi di Catania, 2006.
32
In effetti ‘areale’ si presta a moltissime interpretazioni: pensa
a come noi vediamo quello che ci circonda e come potrebbe essere
visto e interpretato da altri. E sarà poi realmente
così?
L. Verzé,
riflessione su Areale,
Torino, 2006.
33
Chiara: ‘Questo mondo è finto?’ - Paola:
‘In che senso?’ - Chiara: ‘E’ troppo bello per essere vero!’.
C. Bravi,
conversazione con P. Montanari, Piacenza, 2006.
34
Confrontando le lingue nel contesto dello
spazio, la linguistica areale ha introdotto diversi concetti, come il
prestito, il calco, la diffusione, l’alleanza di lingue ecc. Questo
contributo sottolinea la distinzione essenziale tra il contatto, in
quanto fenomeno dell’antropologia della comunicazione, e
l’interferenza in quanto fenomeno linguistico. La comunicazione tra
gli individui, così come quella tra le comunità di individui non si
realizza mai in modo semplice, è sempre stratificata dai due lati,
ma questa stratificazione è di natura diversa: dal lato dei locutori
si tratta di stratificazione di sistemi sociali, da quello delle
lingue si tratta di sistemi linguistici.
P. Zima,
L’importance du critère de la
stratification en linguistique aréale, in
"Contact des langues", Seminario all’Università di
Nizza, 31 marzo 2006.
35
Il
sistema Areale non è solo una ricerca teorica, ma un vero e proprio
strumento che può essere finalizzato ad obiettivi didattici e
progettuali. Vedere la realtà da un altro punto di vista, di fatto
un’altra realtà, estrapolarne elementi nuovi e ispiratori, cercare
di visualizzare e condividere queste ‘scoperte’ di senso è un
percorso essenziale per la disciplina del design in tutte le sue
declinazioni. Il designer è infatti e prima di tutto un ‘ricercatore
di senso’ che parte da una realtà convenzionale e
istituzionalizzata per dare origine a visioni alternative le quali, a
loro volta, popoleranno mondi possibili. In questo scenario Areale
suggerisce una metodologia d’approccio che non porta volutamente a
risultati chiusi, ma genera continue aperture multiversali che sono
un habitat ideale per l’innovazione, sia incrementale che radicale.
Per come è strutturato, infine, ‘obbliga’ positivamente ad un
crossover culturale continuo, che è la condizione necessaria per
l’emersione di un flusso creativo.
F.
Bergonzi, Riflessione
sul sistema Areale,
luglio 2007.
36 Ho
conosciuto l’autore nella primavera del 2004, in occasione
dell’evento ‘Areale: Luogo e Relazione’ organizzato all’interno
del MAP - Museo Archivio Politecnico di Torino, da me diretto. Subito
mi ha affascinato la sua capacità di analizzare attraverso le
scritture di immagini la complessità del reale, cercandone una
descrizione che affonda le sue radici negli alfabeti elementari come
nelle più intricate enciclopedie.
Classificare
il mondo attraverso l’immediatezza delle immagini è certamente
arduo, ma Locatelli ha imboccato questa strada con grande
sensibilità; e per uno come me che, provenendo dal mondo high-tech è
approdato a quello più ‘oscuro’ dell’antropologia delle cose,
certo ha saputo stimolare molte nuove idee e progetti. Il sistema
Areale non è solo il risultato di una ricerca personale, ma un
‘modello’ che lascia tracce sensibili sulle frontiere della
ricerca antropologica, in una società che sta attraversando forti
cambiamenti proprio sul piano della rappresentazione e della
comunicazione. Trovare nuove strade per coniugare le tecnologie e le
loro estetiche è certamente una sfida che non deve essere lasciata
cadere nel nulla, e che anche nel mondo della ‘tecnologia più
dura’ permette di sollecitare fortemente i giovani alla
consapevolezza delle sfide del futuro.
V. Marchis,
Riflessione sul sistema
Areale, luglio
2007.
37
Discipline e approcci, a fronte
dell’aumentata complessità del reale, in ogni campo, in epoca
moderna, hanno presentato un carattere ambivalente: hanno affinato i
loro strumenti, ma, contemporaneamente, si è registrato al loro
interno uno specialismo sempre più distaccato dal sapere ordinario e
dall’esperienza quotidiana. Questo è apparso del tutto evidente
nei settori dell’architettura e dell’urbanistica, dei quali mi
occupo come docente universitario, nei quali si è spesso oscillato
fra una scientifizzazione e un’estetizzazione delle scelte, dovuta
a un’indagine sul reale che si valeva di schemi analitici
semplificati che sottovalutavano gravemente le pratiche che sono alla
base dalla vita urbana. La consapevolezza della portata di questi
problemi è alla base del mio interesse per il lavoro Areale, che
seguo da molto tempo: ritengo infatti che rappresenti un tentativo,
perseguito con grande rigore e coerenza, di gettare un ponte fra
discipline e esperienza, condotto attraverso una rara capacità di
muoversi sui piani dell’osservazione e dell’ascolto, della
comunicazione fra campi disciplinari, dell’interferenza fra
linguaggi diversi.
L.
Spagnoli, Riflessione
sul sistema Areale,
luglio 2007.
arena Secondo Einstein il tempo è una semplice arena in cui si svolgono gli eventi. Il tempo e lo spazio vengono modificati dalla presenza di materia (e, più in generale, di energia), e su questa materia influiscono reciprocamente. A. Bouquet, Presentazione di Inizio del tempo e fine della fisica, di S. Hawking, Mondadori, Milano, 1992.
arte
1 Mi
sono servito dell’arte per stabilire un modus
vivendi, una specie di metodo per capire la
vita, per cercare cioè di fare della mia stessa vita un’opera
d’arte, invece di passarla a fare quadri e sculture. Ora penso che
si possa usare il proprio modo di respirare, di agire, di reagire
agli altri; si può trattarli come un quadro, un quadro vivente o
un’immagine cinematografica. Sono le mie conclusioni di oggi.
M. Duchamp,
intervista filmata di J. Antoine a Neuilly (1968), pubblicata da
Allemandi Vision, Torino, 1993.
2 Questo
libro è la storia di un viaggio e di uno sguardo che prende la carta
geografica come motivo, punto di partenza e modello di un’estetica
aperta sull’infinito. Così cartografie nell’arte
e cartografie dell’arte
disegnano costellazioni temporali e artistiche multiple, in cui ogni
approccio definisce una nuova modalità dell’occhio cartografico.
C.
Buci-Glucksmann, L’oeil cartographique de
l’art, Editions Galilée, Parigi, 1996.
3 Non
è che l’arte sia l’espressione dell’inconscio; piuttosto essa
si occupa del rapporto tra i livelli inconsci, consci ed esterni del
processo mentale.
G. Bateson,
Verso un’ecologia della mente
(1972), Adelphi, Milano, 1977.
4 Le
opere d’arte sono entità di qualità intermedia fra un pensiero e
una cosa.
S.T.
Coleridge, Sulla poesia e sull’arte,
in "Poesie e prose", Utet, Torino, 1942.
5 L’arte
non è da guardare: è l’arte che ci guarda. Ciò che per gli altri
è arte non lo è altrettanto per me e viceversa. Ciò che prima per
me era o non era arte può aver perso o acquistato il suo valore nel
frattempo, e anche più volte. Così l’arte non è oggetto, ma
esperienza; per percepirla dobbiamo essere ricettivi. Per questo
l’arte è là dove l’arte ci tocca.
J. Albers,
Omaggio al quadrato
(1950), catalogo della retrospettiva a cura di P. Weiermair, Silvana
Editoriale, Milano, 2005.
6 L’arte
è un’esperienza fondamentale. Essa deriva dall’innato desiderio
dell’essere umano di sviluppare un mezzo che gli permetta di
esprimere la sua vita interiore.
S. Giedion,
L’eterno presente
(1962), Feltrinelli, Milano, 1967.
7 Quello
che mi colpisce, è il fatto che nella nostra società l’arte sia
diventata qualcosa che è in relazione soltanto con gli oggetti, e
non con gli individui, o con la vita. E che l’arte sia qualcosa di
specializzato, e che sia fatta da quegli esperti che sono gli
artisti. Ma perché la vita di tutti i giorni non potrebbe diventare
un’opera d’arte? Perché una lampada o una casa potrebbero essere
un’opera d’arte, ma non la nostra vita?
M. Foucault,
Postfazione alla
monografia di Dreyfuss e Rabinow La ricerca di
Michel Foucault (1983), Ponte alle Grazie,
Firenze, 1989.
8 Il
concetto stesso di opera d’arte è qui dichiarato in tutta la sua
evidenza processuale: non una singola fotografia o un insieme di
fotografie; e neppure una successione temporale delle riprese
abbinata alla sequenza spaziale della mostra. L’opera, in questo
caso, è data dall’insieme dei momenti costitutivi dell’operazione,
mentre la sua manifestazione più eclatante è lo sguardo che esplora
il posto secondo un ordine e con un grado di intensità diverso dal
consueto. Ma sarebbe meglio definire questo sguardo come un vettore
che asseconda una lettura del tutto nuova, stimolata dalla
successione dei segni contenuti nelle immagini, i quali connotano lo
spazio rappresentato come questo
luogo e non più come il posto-tra-i-tanti che era all’inizio.
E. Gazzola,
Areale: istruzioni per l’uso,
in "Areale", Op. cit.
9 L’arte
può rendere visibile il formarsi di un’idea: in questa
prospettiva, l’opera - che è il mezzo e non il fine - presenta sia
il risultato di un processo che il processo stesso.
10 L’arte
generativa è ‘scoperta’, non invenzione. E’ in noi. E intorno
a noi.
ascolto 1 L’ideogramma giapponese ‘ascoltare’ è composto dal carattere ‘orecchio’ inserito all’interno del carattere ‘cancello’: significa che quando ascoltiamo qualcuno attentamente oltrepassiamo la sua porta ed entriamo nel suo mondo. 2 Vedere significa sempre ascoltare, l’occhio si trasforma in orecchio - in vascello - che si riempie di immagini sonore, di suoni visivi, all’apparenza indistinti, immobili, pieni di un’energia muta, di stupore. L. Salvini, in U. Locatelli, Areale: Luogo e Risonanza, Glossario, Fondazione Italiana per la Fotografia, Torino, 2005. 3 Che si possa anche solo per un momento sostare nel silenzio della montagna e intenderne la voce, è una delle estreme possibilità di salvaguardia di questo mondo. L. Bonesio, Pensare come una montagna, in Antonio Stragà (a cura di), "Oltre le vette. Metafore, uomini, luoghi della montagna", Il Poligrafo, Padova 2000.
aseità (lat. aseitas, da a se "da sé, per sé"). Termine della filosofia scolastica, indicante la maniera di essere della realtà assoluta, che non deriva da altro il principio della sua esistenza, bensì l'ha in sé stessa: attributo tipico, perciò, della divinità. Nella lingua filosofica tedesca, il termine (Aseität) fu ripreso da Schopenhauer e da Edoardo von Hartmann per indicare l'assoluta realtà, rispettivamente, della Volontà e dell'Inconscio. Treccani Cultutra, http://www.treccani.it, 2017.
associazione di idee Atto della mente che stabilisce un nesso fra immagini o pensieri.
attenzione 1 Dal punto di vista dell’attenzione non è una distribuzione casuale come quella delle opere di Jackson Pollock - in cui sono volutamente assenti strutture ‘pre-attentive’ - che produce il massimo dell’instabilità. Per avere un effetto di questo tipo bisogna costruire una figura organizzata ma pluristabile, dove l’attenzione non riesce a bloccarsi mai. P. Legrenzi, Prima lezione di scienze cognitive, Laterza, Roma-Bari, 2002. 2 Dovunque si posi la tua attenzione, in quel punto preciso, sperimenta. Trovare il centro, 104, tratto da antichi testi indiani (2000-3000 a.C.), in Mumon, La porta senza porta, Adelphi, Milano, 1980.
conoscenza
Secondo la
Bibbia, quando Adamo ed Eva mangiarono il frutto dell'albero della
conoscenza del bene e del male furono trasformati in altri esseri e
non poterono mai più tornare alla loro primitiva condizione di
innocenza. In precedenza, la loro conoscenza del mondo si esprimeva
nella loro nudità, e si muovevano con essa e in essa nell'innocenza
del semplice sapere; dopo, sapevano di essere nudi, sapevano di
sapere. La conoscenza della conoscenza
obbliga. Ci obbliga a tenere un atteggiamento
di permanente vigilanza contro la tentazione della certezza, a
riconoscere che le nostre certezze non sono prove di verità, come se
il mondo che ciascuno di noi vede fosse il
mondo e non un mondo
con cui veniamo a contatto insieme ad altri.
Ci obbliga perchè, sapendo di sapere, non possiamo negare ciò che
sappiamo.
H.
Maturana-F. Varela, L'albero della conoscenza,
Garzanti, Milano, 1987.
© Ugo Locatelli - locatelli.ugo@proton.me